Critica d’arte, curatrice, scrittrice e docente. Parliamo di Teresa Macrì, l’ospite che apre Glamour, la rassegna dedicata al mondo della moda promossa dall’università Europea del Design di Pescara.
“Mi sono laureata alla Sapienza di Roma in Arte contemporanea facendo una tesi proprio sul rapporto tra arte e moda – racconta Teresa Macrì –
Mi occupo di Visual Studies, dunque di tutto ciò che compone il pensiero contemporaneo, che è pervaso da quel mood che comprende varie discipline: l’arte, la moda, il cinema, la filosofia, la danza, la musica. Per me non è una novità o una sorpresa, dunque, riflettere sulle contaminazioni tra arte e moda. Anzi! Penso che tra arte e moda ci sia stata sempre una grande attrazione.
Le due discipline hanno lo stesso modo di approcciarsi e di avvicinarsi all’oggetto.
Non a caso alcuni abiti sono considerati delle ‘sculture’ e sono esposti nei più importanti Musei. Ed è proprio questo il tema della conferenza che terrò oggi alla UED: “L’abito che diventa opera e l’opera che diventa abito”.
È cambiato qualcosa, rispetto agli anni passati, nella concezione del connubio tra arte e moda?
“Penso che questa fusione tra arte e moda c’è sempre stata. E credo che il connubio più geniale sia stato quello tra la stilista Elsa Schiaparelli e l’artista Salvator Dali.
Nel corso del tempo ci sono stati altri connubi, ‘matrimoni laici’. Oggi, più che un connubio, è una sorta di legame temporaneo tra artista e case di moda.
Mentre Dali e la Schiaparelli si confrontavano in modo paritario in una epoca ancora legata alla sartoria, oggi, nell’epoca del consumismo, si è passati dall’ambito sartoriale al ready-to-wear, quindi ad un meccanismo molto più veloce di realizzare le collezioni in seguito ad una richiesta maggiore e cadenzata nelle stagioni. Ciò anche grazie all’epoca di globalizzazione e al grande narcisismo che caratterizza il soggetto contemporaneo.
La grande competizione tra le Maison spiega la scelta di molti stilisti di rivolgersi ad artisti contemporanei per realizzare una collezione.”Come possiamo interpretare l’abito nell’ambito sociale?
“L’abito è un “dispositivo identitario” che serve per l’ostentazione del proprio ruolo sociale. I brand servono a questo, soprattutto.”L’abito scultura può essere considerata una forma d’arte?
“Ci sono abiti che hanno fatto la storia e che sono in mostra in famosi Musei. Quello che è simile tra mondo dell’arte visuale e mondo della moda è l’approccio di entrambe all’ideazione della forma.
Riguardo a questo aspetto non c’è differenza tra uno stilista e un artista visuale.”
Il Fashion designer come si può proporre, oggi, sul mercato?
“A parte la comunicazione martellante sui magazine online e cartacei, hanno molta importanza, in questo senso, i social. Poi esiste anche un’editoria dedicata alla moda, strepitosa. Ed è molto seguita, poiché
studiare l’abito è una cosa semplice, “viverlo” è una esperienza. Oggi l’abito è portato per la sua apparenza, in primo luogo.
La moda è più seguita rispetto all’arte contemporanea, è più pervasiva rispetto all’arte che rimane sempre di nicchia. Ma per entrambe è importante la conoscenza. È da qui che si forgia sia un abito che un’opera d’arte.”
Altre figure affiancheranno gli Influencer in futuro?
“Sicuramente nasceranno nuove figure perché il mondo è in continua trasformazione. E si affermeranno figure differenti che saranno fondamentali per la comunicazione e la diffusione delle merci di qualsiasi tipo.”